Ricordi d’infanzia
A volte penso agli attimi ed ai luoghi che rimarranno indelebili nella mia concezione di felicità. Ninfa è uno di quei posti magici.
Renzo era un amico di mio padre. Sarei tentata di dire il suo migliore amico. Posso altresì affermare che per gli uomini come mio padre, che avevano condiviso gli orrori della guerra con tanti compagni, gli amici fraterni erano numerosi e sinceri ed insostituibili, ognuno a modo suo.
Con Renzo erano colleghi in cabina di pilotaggio e fratelli davanti ad un bicchierino di grappa, disquisendo di pomodori da coltivare e legna da segare per l’inverno.
I primi ricordi che ho della loro amicizia risalgono alla mia infanzia, quando quest’uomo barbuto ed un pó burbero irrompeva a cena per parlarci di biodinamica ed antroposofia, termini alieni in quegli anni.
Il meglio arrivava con le vacanze estive e le lunghe giornate trascorse a Doganella di Ninfa. A pochi chilometri da Roma – in provincia di Latina – la sua casa, il suo Regno.
Durante quei soggiorni Renzo ci portava lì, in quel luogo incantato che erano i Giardini di Ninfa, fuori dagli orari di visita, estranei ai gruppi organizzati.
Un’esperienza privilegiata
Ricordo le camminate solitarie in quel paradiso di fiori, alberi esotici e ruscelli. Rammento il sentiero degli gnomi, così lo chiamava, quando Renzo mi raccontava di leggende e storie di fantasmi.
Fantasmi buoni, ma anche cattivi, di quelli che non ti fanno dormire!
Lo scrosciare onnipresente dell’acqua, che accompagnava il nostro peregrinare ed il nostro anfitrione che ti invitava a bere da ogni fonte, perché era una bevanda miracolosa.
E poi l’agrumeto, dove fino al nostro ultimo incontro abbiamo raccolto pompelmi gialli e succosi, all’ombra del Castello e della sua Torre.
Era in quei momenti, tra un racconto leggendario ed una pausa di silenzio, che sentivo pulsare l’energia di un luogo misterioso e potente, dove tanti uomini ed infinite storie si erano incrociati.
Ninfa, una lunga storia
Il nome Ninfa deriva da un tempio romano dedicato alle acque sorgive, le radici di questo borgo sono antiche e variopinte.
Nato come un villaggio contadino in epoca romana, trasformatosi in città nell’XI secolo, con una ricca economia e governata da grandi famiglie nobiliari, caduto in disgrazia, dimenticato e poi risorto, fino a divenire un giardino botanico unico al mondo.
La famiglia Caetani
La storia di questo insediamento percorrerà i secoli, con alterne fortune, per poi approdare alla famiglia Caetani, che ne prese possesso nel tardo 1200, suggellando un rapporto centenario.
Nel 1298 Papa Bonifacio VIII, nato Benedetto Caetani, acquistò il Castello di Sermoneta, Ninfa ed i territori circostanti per suo nipote, Pietro II Caetani.
La nuova proprietà suggellò un periodo di pace e prosperità per Ninfa: botteghe artigiane, lavori di manutenzione ed ampliamento, persino due ospedali operativi nel territorio.
Tutto sembrava procedere per il meglio, ma poi Bonifacio VIII morì; senza la protezione papale, Ninfa fu saccheggiata e contesa dalle famiglie rivali dei Caetani.
Dopo poco meno di un secolo, il borgo si ritrovò depredato ed in balia della malaria. Tutti l’abbandonarono, lasciando alle loro spalle una città fantasma.
Cronaca travagliata di un antico borgo
Nel corso delle epoche, il Castello fu anche trasformato in prigione, era il 1400.
Proprio in quegli anni bui, dalla stessa Torre che avrebbe vegliato sulla nostra raccolta di pompelmi, si consumò l’Eccidio di Ninfa.
L’uccisione di uno dei carcerieri da parte di un prigioniero, scatenò l’ira di Onorato III Caetani, che per rappresaglia scaraventò nel vuoto tutti i carcerati.
A distanza di secoli, nei nostri pomeriggi trascorsi nell’agrumeto, spesso il mio sguardo si ancorava a quelle stesse finestre così alte e senza vetri, covo dei piccioni.
Lassù, non c’era nulla da guardare in particolare, ma qualcosa attirava la tua attenzione, un invisibile osservatore.
L’ombra del passato, che studiava i tuoi movimenti: era li, pronta a nascondersi un attimo prima che i tuoi occhi potessero sorprenderla.
Una nuova era. Da Gelasio a Lelia Caetani
Ingraniamo la marcia ed acceleriamo il passo: dal 1400 passiamo agli Anni Venti, quando Gelasio Caetani diede inizio ad una minuziosa opera di restauro e rivalutazione di Ninfa, per trasformarla in una residenza estiva.
Un ruolo fondamentale in questa fase fu ricoperto dalla madre, Ada Wilbraham, donna appassionata e grande viaggiatrice, che iniziò ad arricchire il giardino di piante esotiche provenienti da tutto il mondo.
Il clima umido e mite di Ninfa, la sua terra fertile, erano l’ambiente perfetto anche per le specie più rare, che iniziarono a prosperare, gettando le basi per la meraviglia botanica che possiamo ammirare ora.
Dopo la duchessa Ada, due altre gentildonne si dedicarono a questa opera certosina, Marguerite, moglie di Roffredo Caetani e la figlia Lelia.
É a partire da questo periodo, gli Anni Trenta, che il giardino acquista la sua struttura definitiva – cosiddetta all’inglese – nella quale la staticità dei ruderi romani e medievali, si fonde spontaneamente con l’eterno movimento delle acque e l’esplosione di vita delle piante.
Marguerite e Lelia, la fine di un’epoca
Grazie alla cultura ed all’opera di mecenatismo di Marguerite e Lelia, Ninfa diventa meta delle personalità dell’Epoca. Un’oasi nella quale rifugiarsi e trovare ispirazione: D’Annunzio, Pasternak, Liszt. Quest’ultimo, padrino di Roffredo, regalò al figlioccio il pianoforte che ancora oggi è nel salone dell’antico municipio, un Bechstein a gran coda del 1884.
Lelia è una principessa erudita: viaggiatrice, poliglotta, pittrice, innamorata di Ninfa. Una di quelle personalità che camminano per il mondo con passo delicato e gentile, lasciando però un’impronta profonda.
Si sposa con Sir Hubert Howard, non hanno figli.
Dopo settecento anni di storia, il Casato dei Caetani termina alla sua morte, nel 1977.
La fondazione Roffedro Caetani
Come estremo atto d’amore per quelle terre tra Norma e Sermoneta, Lelia si da vita alla Fondazione Roffredo Caetani: per onorare e perpetuare la memoria del suo grande Casato e per continuare il lavoro sociale ed educativo iniziato nel Castello di Sermoneta da suo padre, Roffredo Caetani, Duca di Sermoneta, e da sua madre Marguerite Caetani.
Della Fondazione fanno parte il Complesso monumentale Tor Tre Ponti, il Giardino di Ninfa, il Castello Caetani ed il Parco Pantanello.
Ma c’è dell’altro
Ricordo che Renzo nominava spesso Donna Lelia. Vorrei rammentare qualcosa di più dei suoi aneddoti legati a Ninfa, quello che mi resta sono le forti emozioni, l’odore dei fiori, l’abbraccio degli alberi e la voce vigorosa della nostra guida.
Ci sono periodi dell’anno in cui sicuramente il giardino è più colorato, come durante le fioriture dei ciliegi. A parer mio, Ninfa nasconde una sorpresa in qualsiasi stagione: dall’esplosione di colore primaverile, fino alle atmosfere nebbiose dell’inverno.
Un territorio preservato dal caos, dove il tempo si è fermato e la natura prospera indisturbata. Otto ettari di parco, oltre mille varietà di piante ed alberi provenienti da tutto il mondo – inclusi aceri giapponesi e sequoie – cento specie differenti di uccelli, che insieme allo scorrere dell’acqua, curano la colonna sonora del giardino.
Andate a visitare i Giardini di Ninfa nella stagione che preferite, in gruppo o individualmente: la sua bellezza vi conquisterà in ogni caso.
Ma c’è dell’altro.
Trovate un minuto per rimanere in silenzio: immergetevi nell’energia del posto, smettete di fare foto, chiudete gli occhi ed ascoltate tutte quelle ineffabili voci.
Se riuscirete ad allungare una mano verso l’invisibile, Ninfa vi mostrerà la sua vera potenza e vi rimarrà nell’anima.