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Desperate Surfer's Wife

  >  Storie DSW   >  Esplora   >  PALAZZO MASSIMO E L’AFA

Da Ferragosto a Natale è un attimo…

Agosto come sempre è fuggito via alla velocità della luce, ne rimangono solo echi sfocati: le memorie nostalgiche di una città tranquilla e dai ritmi rallentati.
Il momento ideale per i romani di fare i turisti a Roma.

Un’oasi di frescura e cultura

Era da poco passato ferragosto e con il desiderio di esplorare qualcosa di nuovo, ma anche di fuggire all’afa persistente, ci apprestavamo a visitare Palazzo Massimo.

Una sorta di turismo tra il sacro ed il profano, durante il quale la sete di cultura è stata sicuramente soddisfatta, la ricerca di un ristoro climatizzato, NO.

Prima di addentrarmi nel racconto della visita, mi tolgo subito il dente che duole, così poi non ci penseremo più.

Generalmente, preferisco evidenziare i punti di forza dei posti che visito, ma a volte è impossibile esimersi da una giusta critica, nella speranza che possa essere costruttiva.

Il sistema di aria condizionata a Palazzo Massimo, uno dei musei più belli di Roma, è guasto da un paio di anni: qua e là si vedono climatizzatori solitari che rinfrescano le immediate vicinanze.

Con i 35 gradi centigradi, protagonisti indiscussi dell’estate romana, veniva voglia di appollaiarsi sopra i condizionatori, trascurando la meraviglia circostante.

Noi, no: eravamo pronti ad affrontare eroicamente qualsiasi difficoltà, pur di foraggiare il nostro intelletto.

Palazzo Massimo

A pochi passi dalla Stazione Termini, Palazzo Massimo è ideale per chi, in arrivo o in partenza da Roma, voglia conoscere alcuni dei più grandi capolavori artistici delle Epoche Tardo Repubblicana ed Imperiale, e l’influenza che ebbe la cultura ellenistica sulle scelte stilistiche romane.

Finito di costruire nel 1887, quale sede del Collegio dei Gesuiti, nel 1981 il Palazzo fu acquistato dallo Stato e divenne una delle quattro sedi del Museo Nazionale Romano.

Questa transizione non fu veloce: l’opera di rinnovamento ed allestimento del Museo si concluse solo nel 1998, quando ci fu l’inaugurazione ufficiale.

Nell’allestimento odierno, i piani da visitare sono generalmente quattro, suddivisi in tematiche omogenee che offrono un percorso esperienziale nell’arte romana, tra sculture, affreschi, mosaici, sarcofagi e chi più ne ha!

Durante la nostra visita, il piano interrato – dedicato all’esposizione di monete, gioielli ed oggetti preziosi – era temporaneamente chiuso al pubblico. Peccato.

Man mano che salivamo, la temperatura aumentava esponenzialmente e la stanchezza fisica prendeva il sopravvento sul coinvolgimento intellettuale. Poffarbacco.

Nonostante tutto, alcune delle meraviglie esposte erano talmente potenti, da lasciarti completamente affascinato, e dimentico delle fatiche titaniche affrontate.

Questione di acconciatura

Moda ed apparenza non hanno confini temporali, fa scioccamente sorridere l’attenzione prestata dalle donne romane alle loro pettinature.
Una serie di busti esposti al piano terra, mostrano una varietà di acconciature degne del red carpet degli Oscar.

Attraverso quelle istantanee di marmo, a distanza di secoli possiamo osservare nei minimi dettagli ricci e capricci delle nostre antenate: dalle pettinature elaborate delle matrone romane, alle onde morbide e naturali che spesso rappresentavano la giovinezza di Livia, moglie di Augusto.

Gli influssi estetici tipici della cultura ellenistica sono presenti quasi ovunque, fino ad arrivare alla influencer antesignana per antonomasia: Cleopatra, ultima Regina d’Egitto, che soggiornò a Roma nel 46 a.C.

A Cleopatra molte donne romane si ispirarono nelle lunghe sedute dal parrucchiere, perché la vanità non ha età.

 

Reggie galleggianti

PREMESSA: Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, alias Caligola, regnò sull’Impero per soli quattro anni: dal 37 al 41 d.C.

Senza soffermarci sui dettagli, in questa sede ci interessa sapere che era molto devoto alla dea egizia Iside, oltre che amare lusso sfrenato ed agi.

Questo connubio religioso-godereccio lo portava spesso sulle rive del Lago di Nemi, luogo esoterico dove sorgevano diversi templi dedicati a Diana ed Iside, appunto.

Ma poteva un imperatore, durante i suoi lunghi weekend al lago, accontentarsi di un cottage di campagna o di un B&B?

Caligola pensò bene di farsi costruire due navi ammiraglie, esempi titanici di architettura navale e sfarzo regale.

Lunghe oltre settanta metri e larghe venti, non erano maxi yacht nati per navigare, piuttosto per galleggiare sulle acque quiete del piccolo lago, offrendo all’imperatore un giaciglio fatto di marmi preziosi, statue, templi, mosaici.

Insomma, tutto il lusso che potete immaginare in una reggia romana.

Quali e quante feste e libagioni siano state celebrate tra quelle assi possiamo solo sognarlo, ma il sogno per Caligola finì presto, così anche per quelle navi delle meraviglie. Con l’omicidio dell’Imperatore da parte di alcune guardie pretoriane, il Senato decise di procedere con la damnatio memoriae e cancellare tutto ciò che riguardava il sovrano maledetto.

Le Navi di Nemi furono affondate ed abbandonate ad un umido oblio per secoli, alimentando leggende per i pescatori della zona, che di tanto in tanto tra le reti ripescavano suppellettili preziose.

Nel tempo, ci furono tentativi maldestri di recuperare gli scafi, che non fecero altro che danneggiare quanto miracolosamente preservato dalle acque, fino ad arrivare al 1927, quando una vasta opera di recupero fu avviata e terminata nel tempo, ma con successo.

Le due navi vennero esposte in un Museo costruito appositamente per accogliere questi giganti risorti dalle acque. Solo pochi anni dopo, durante la ritirata, nella notte del 31 maggio 1944, soldati tedeschi diedero fuoco alle imbarcazioni custodite nel museo, distruggendole definitivamente.

Dalla catastrofe si salvarono alcuni pezzi, perché precedentemente spostati e custoditi nei magazzini di Palazzo Massimo.

 

Sono proprio questi elementi decorativi in bronzo, alcuni dei quali ancora fissati al legno originale, che ti catturano completamente.

Ti ritrovi davanti alle grandi teche a bocca aperta, immaginando il fasto di tempi ormai remoti, ma così vividi in quelle teste di Medusa e ruggiti di leoni bronzei.

 

La Villa di Livia

Livia Drusilla Claudia fu imperatrice consorte di Augusto.

Un giorno, passeggiando in uno dei suoi immensi possedimenti sulla Via Flaminia, alla sovrana successe qualcosa di straordinario.

Così cita Plinio il Vecchio: “…a Livia Drusilla un’aquila lasciò cadere dall’alto in grembo una gallina di straordinario candore che teneva nel becco un ramo di alloro con le sue bacche. Gli aruspici ingiunsero di allevare il volatile e la sua prole, di piantare il ramo e custodirlo religiosamente. Questo fu fatto nella Villa dei Cesari che domina il fiume Tevere presso il IX miglio della Via Flaminia, che perciò è chiamata alle Galline; e ne nacque prodigiosamente un boschetto.”

 

 

I resti di questa dimora reale sono arrivati fino a noi: la Villa di Livia si può facilmente visitare nel Parco di Prima Porta, ma solo a Palazzo Massimo potrete immergervi nel suo lussureggiante giardino.

Gli affreschi che circondavano il triclinio – o sala da pranzo – della Villa, sono stati rimossi dal sito originale e rimontati in una sala del Museo, rispettandone la grandezza originale e preservandone la bellezza.

Un tripudio di alberi accarezzati dal vento, uccellini, fiori e frutta colorati: un vero giardino dell’Eden nel quale perdersi e sognare.