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Desperate Surfer's Wife

  >  Storie DSW   >  DALLA NOIA ALLA PASSIONE PER IL KELP

Alla ricerca della noia perduta

Vi invito ad un esperimento.
Scegliete un luogo, possibilmente all’aperto e circoscritto.
Staccate il telefono e non cedete alla sua adulazione per almeno un’ora.
Guardatevi intorno, con attenzione.
Dopo circa dieci minuti, sarete annoiati: anche il paesaggio più spettacolare vi sembrerà una scena ormai vecchia, senza più segreti.
Non demordete, abbracciate la noia e vedrete che il vostro sguardo passerà dal macro al micro.
Che siano foglie, sassi, conchiglie, formiche, fronde al vento, lasciate che i vostri occhi si abituino ad un nuovo ritmo, ed un mondo nuovo vi si rivelerà.

Fino a qui, siamo alla teoria, ora passiamo alla pratica.

Quando mio marito fa surf, io sono sulla spiaggia con alcuni elementi per lo più ricorrenti:
– no connessione internet
– nessun amico con il quale spettegolare
– un libro, finito puntualmente il giorno prima
– tanto tempo a disposizione
– nessuna possibilità di camminare – la mia passione – perché con zaini, panini, mute, vestiti e tavole al seguito

Prima che iniziate a sbadigliare, non vi sembra che stia dimenticando qualcosa? L’elemento protagonista: l’ambiente marino.
Ed ora tutti alzerete le mani e direte: hai detto poco, che figata, beata te!
Allora, vi invito a ritrovarvi come me per sei ore sotto il sole, con la borraccia vuota, senza riviste, senza sonno e senza poter messaggiare o condividere su Instagram il paesaggio ultra-mega-meraviglioso che vi circonda.
Spiaggiata a tempo indeterminato ed un pò annoiata. Avevate ragione, beata me.

Un amico inaspettato, il kelp

Era già successo che, sulle spiagge della California, mi imbattessi in questi agglomerati di alghe brune, che occupavano molto spazio ed in compenso profumavano poco.
Io mi facevo più in là e cercavo di rimanerne a distanza.

Poi, una domenica, arrivammo a Piedras Blancas.

Avevamo in programma un’escursione all’Hearst Castle, ma quando Emanuele, mi disse innocentemente: li a destra c’è l’uscita per arrivare al Castello. E nonostante quelle parole, continuò a guidare dritto per la sua strada, capii che c’erano onde da qualche parte, e che la visita turistica anche stavolta andava a farsi benedire.

Ed in effetti, eravamo diretti ad un nuovo spot.
Arrivati nel parcheggio antistante la spiaggia, iniziava la fase di osservazione del moto perpetuo ed imperfetto delle onde, per capire se valeva la pena o meno buttarsi in acqua.

Mentre lui meditava sulla vita e con altri – pochi – surfisti tra le onde, io collezionavo un centinaio di video con protagonisti tre cornacchie ed un falco che si litigavano una carcassa indefinita lungo la strada.

Il verdetto alla fine giunse.

Potevamo spostarci in spiaggia, perché “un bagno c’era”.

In poche parole: pomeriggio di solitudine per me, surf per lui.

Trasloco con armi e vettovaglie.

Posizionamento dell’asciugamano con perfetta angolazione per rimanere in costante contatto visivo con la macchina, nella quale rimanevano incustoditi il resto dei bagagli.
Bacetto di commiato. Telefono quasi scarico, niente linea e pure poco sole.

Dopo un primo momento di studio approfondito degli altri bagnanti:
– una famiglia con bambini a 200 mt
– una coppia di ragazzi a 180 mt

Decidevo che potevo allontanarmi dal campo base, senza correre troppi rischi di furto. Le abitudini sono dure a morire, e la romanità ce la portiamo sempre dietro, ahimè.
Le mie valutazioni risultarono poi esatte, a parte un gabbiano affamato ed il suo vano tentativo di aprire il nostro zaino per trovare qualcosa di commestibile.


La spiaggia era una gimcana di alghe abbandonate dai flutti, ma le alternative erano poche, tanto valeva aguzzare la vista e dare un’occhiata più da vicino: ed ecco che il Kelp mi svelò la sua bellezza, in un’ esplosione di forme e sfumature.


Al momento non potevo fare altro che godermi lo spettacolo, studiarne i dettagli e scattare foto. Il pomeriggio aveva preso un’altra piega, molto più divertente, non sentivo più la sete e le ore scorrevano veloci.
Finita la vacanza e tornata a casa, a parte le foto mi era rimasta la curiosità, quindi sono andata oltre e per una settimana non ho fatto che leggere ed investigare.

Alghe & dintorni

Esistono oltre 10.000 specie di alghe, che spaziano dalle acque dolci a quelle salate.
Dalle micro alle macro dimensioni, dalle zone costiere, ai laghi, agli oceani più remoti, sempre di alghe si tratta.
Come le piante terrestri, anche quelle marine hanno bisogno di elementi base: luce solare, anidride carbonica ed i giusti nutrienti, che ricavano dall’acqua circostante.

Questa grande famiglia si divide principalmente in tre gruppi, la cui discriminante è il colore: alghe verdi, marroni e rosse.
A determinarne il colore è la quantità di ossigeno presente nell’acqua e la vicinanza dai raggi solari.
Le alghe verdi sono quelle che crescono vicino alla superficie e beneficiano maggiormente di luce ed ossigeno. Scendendo in profondità, la cromia passa ai toni bruni e marroni. L’ultimo gradino è quello delle alghe rosse, che prosperano alle profondità maggiori, ma non proprio in fondo al mare, dove la mancanza totale di luce non permette lo sviluppo di vegetali.

Dal kelp, un universo di scoperte

Allora, raccogliamo i primi indizi sul nostro amico Kelp:
– É un alga marrone, anche se i suoi colori variano.
– Le dimensioni sono tendenzialmente grandi, può superare i 50 metri di lunghezza con una velocità di crescita fino a mezzo metro al giorno.
– Vive nelle acqua salate e lungo le coste rocciose. Il suo habitat ideale è quello compreso tra i 6° ed i 14°C ad una profondità media di 30 metri.
– Viene anche chiamata laminaria.
– La forma è molto variabile, da quella filiforme, al Kelp gigante, a quello Piuma di Boa, fino alle sfere che, incamerando ossigeno, riescono a salire in superficie.

Per approfondire l’argomento, inserisco nel motore di ricerca “laminaria”, un termine che a prima vista ispira discussioni più scientifiche.
Invece, davanti a me scorre una sequela di siti su: dimagrimento, lotta allo stress, crescita unghie e capelli. Per carità, il benessere prima di tutto, ma possibile che non ci sia altro da rivelare?

Anche in questo caso, la testardaggine e le piovose – e noiose – giornate novembrine hanno avuto la meglio: l’universo Kelp mi si svelava con una serie di notizie emozionanti!

Un lavoro certosino di investigazione

Partendo dalle Coste Californiane, inaspettatamente mi ritrovavo a leggere e studiare trattati di archeologia, mappe geografiche, testimonianze preistoriche e video di pesca. E tutti questi argomenti avevano un denominatore comune: il kelp.

Ora, cercherò di ricostruire a modo mio e brevemente i risultati della ricerca.

Tanto tempo fa, in un oceano lontano lontano… le foreste di Kelp prosperavano, offrendo cibo e riparo ad una vasta fauna.

Immaginate un altissimo condominio che dalle profondità marine arriva alla superficie.
Ad ogni piano di questo grattacielo, possono vivere e prosperare condomini che hanno connotazioni e necessità diverse. Ricci di mare, pesci roccia e stelle marine al piano terra, poi gli invertebrati ed i granchi. Salendo sempre più su, ed elencandone solo alcuni: cavallucci marini, maccarelli, pesci persici, razze pipistrello. Fino ad arrivare all’attico, dove vivono o bazzicano sardine, foche e leoni marini.

Nel frattempo, sulle zone costiere, cosa succede?
I nostri bis-bis-bis-bis-trisavori capiscono che in corrispondenza di quelle alghe brune, per lo più commestibili, i pesci e gli uccelli abbondano, le onde sono meno potenti e le canoe trovano un letto favorevole, dove scivolare senza troppi strattoni.

Iniziano quindi a navigarci sopra, allontanandosi sempre più e seguendo la rotta in base allo sviluppo di quelle ricche foreste subacquee, che si trasformano in un’autostrada marina, la prima della storia dell’uomo.

La mitica, Kelp Highway, inaugurata circa 13/15.000 anni fa rendeva possibile l’esplorazione di nuovi territori, con rischi accettabili: non ci si allontanava mai troppo dalla terra ferma ed il cibo era assicurato.
Cerchiamo di immaginarci le coste in quel periodo: il livello del mare era di circa 100 metri inferiore, gli oceani più freddi e le foreste di Kelp molto più sviluppate, in corrispondenza di tutti i territori costieri dell’Oceano Pacifico. Ed ecco un altro tassello fondamentale a confutare la teoria di un’ autostrada primordiale costellata di alghe brune: il Pacific Rim, cioè l’unione di tutti i Paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico: Russia, Cina, Thailandia, Australia, Stati Uniti, Canada, Messico. Solo per citarne alcuni.

Unite gli indizi e capirete come fosse relativamente facile per una tribù di esploratori, ad esempio giapponesi, risalire su per la costa e navigare fino al Nord America, per ridiscendere giù giù, fino al Cile, e viceversa. Non c’era bisogno di attraversare un oceano misterioso e burrascoso, bastava muoversi lungo i territori costieri, fermarsi lungo il viaggio, colonizzare qua e là e poi continuare, eventualmente, ad avanzare.

Per giorni e giorni, completamente affascinata da queste rivelazioni, mi sono persa nelle letture e nell’immaginazione, potrei continuarne a scrivere, ma ho pietà per chi mi legge.
Era iniziato tutto da una domenica pomeriggio lenta e solitaria, sulle coste della California.

Quelle ore, la sensazione del kelp sotto i miei piedi e tra le mani, le ho portate con me a casa, e grazie a loro ho continuato a viaggiare ed imparare.
La curiosità è il mezzo più veloce ed economico che sia mai esistito, non dimentichiamocelo mai.