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Desperate Surfer's Wife

IL POTERE DELLA DETERMINAZIONE

Spesso ci convinciamo che le nostre azioni difficilmente potranno cambiare il mondo, o anche solo migliorare il futuro della città dove viviamo o del nostro quartiere.

Ci coccoliamo in una comoda rassegnazione, convinti che sia meglio guardare altrove, piuttosto che combattere un enorme ed invincibile mulino a vento.

Fortunatamente, c’è chi invece agisce in nome di un ideale, e con grande passione insegue un sogno che diventa comune ed universale.

Non stiamo parlando di massimi sistemi, l’azione può passare attraverso l’amore per la botanica, la cucina, l’antiquariato.

ALLA RICERCA DEL BELLO PERDUTO

Ivan Bruschi, era un antiquario.

Nato a Castiglion Fibocchi – Arezzo – nel settembre del 1920 e di famiglia benestante, Ivan ebbe la fortuna di dedicarsi agli studi universitari, approfondendo quella vena estetica che scorreva tra le mura domestiche: il padre ed il fratello maggiore erano mercanti d’antiquariato.

Dopo un primo periodo trascorso a Firenze, lavorando nella Galleria d’Arte del fratello, si trasferì stabilmente ad Arezzo, in un’antica dimora che apparteneva alla sua famiglia già dagli inizi del 1900: Palazzo del Capitano del Popolo.

 

Era il 1956, Arezzo cercava disperatamente di risollevarsi dal dolore e dalla distruzione della Guerra, così come il Palazzo nel quale Ivan si era appena trasferito, in parte distrutto dai bombardamenti alleati del 1943.

Fu così che il protagonista della nostra storia, iniziò un’opera certosina di restauro e rivalutazione del Palazzetto, per poi trasformarlo in salotto nel quale fervevano le attività culturali, gli oggetti d’antiquariato andavano accumulandosi e gli amici intellettuali si susseguivano.

 

Ivan era ormai un personaggio conosciuto e stimato, viaggiatore alla continua ricerca di esperienze inedite ed oggetti che custodivano storie antiche: la sua bottega antiquaria, nel centro di Arezzo, attirava appassionati e studiosi da ogni dove. Una vita realizzata, nella quale il Bruschi avrebbe potuto continuare a sguazzare nella notorietà che si era costruito, circondato dai cimeli che amava e confortato da un’attività fiorente e stimolante. Ma oltre i confini dell’ego, c’era una città che ancora si leccava le ferite belliche, il cui centro storico era per lo più abbandonato, vittima dell’illusione industriale, che spingeva la popolazione a cercare fortuna e comodità nei quartieri moderni e nei nuovi mestieri.

 

Bruschi allora ebbe un’intuizione, forse il percorso che aveva intrapreso dall’adolescenza fino all’età adulta, la notorietà acquisita, le importanti amicizie, avevano intessuto il retaggio giusto per un cambiamento non solo personale, ma sociale.

 

LA FIERA ANTIQUARIA

Era il 1968, quando Ivan Bruschi ed Arezzo si unirono in un connubio vincente, nasceva la Fiera Antiquaria. Da Piazza Grande ai vicoli circostanti, come una gigante macchia d’olio, l’arte e l’antiquariato si diffondevano per la città, portando con loro colori, visitatori incuriositi, affari inaspettati e nuova linfa.

In questi cinquantasei anni di onorata carriera, la Fiera Antiquaria di Arezzo può vantare diversi traguardi:

– Mercato d’antiquariato più antico d’Italia

– Oltre 400 espositori diffusi per tutte le vie del centro storico

– Circa 200.000 visitatori annui

Un appuntamento mensile, preciso e costante nel tempo: ogni prima domenica del mese e sabato precedente. Durante i mesi invernali, il sabato dalle 9,00 alle 19,00 – la domenica dalle 9,00 alle 18,00.

E’ consigliabile arrivare presto, perché con la grande affluenza di visitatori, i parcheggi scarseggiano; amici aretini consigliano il Baldaccio ed il Cadorna.

É bello attardarsi per la Fiera fino al tardo pomeriggio, quando la gente comincia a diminuire ed i ritmi si rallentano, soprattutto la domenica.

 

CITTÁ CHE VAI, MERCATO CHE TROVI

Mentre scrivo, mi sorge spontaneo il confronto con Porta Portese.

Nata e cresciuta a Roma, il mercato trasteverino della domenica mi scorre nelle vene.

Da ragazzina, ero intimidita dalla quantità di persone, oggetti e schiamazzi che Porta Portese richiamava. Quel tempo in cui ancora c’erano banchi degni di nota, dove si potevano fare affari, mercanteggiare sul prezzo, scovare un pezzo unico a poche migliaia di lire. Dovevi avere occhi aperti e sensibilità, per riconoscere la bellezza tra i banchi carichi di cianfrusaglie, però potevi trovarla, ancora.

Da adulta, mi chiedo cosa sia rimasto di quella sensazione da Indiana Jones di borgata che Porta Portese ispirava. Poco o niente.

La plastica ha preso il posto del rame e del legno. Oggetti sviliti e senza storia ti guardano per essere salvati, speranzosi di riconquistare un pizzico di dignità. Si, qualcosa di bello è rimasto, ma si confonde nell’oceano di cineserie di bassa lega.

Ad Arezzo, ho ritrovato quell’emozione remota di ricerca, sorpresa e scoperta. L’odore di libri consunti e tessuti stropicciati, giocattoli di latta che riportano all’infanzia, bottoni d’avorio. Occhi aperti e sensibilità devono comunque farla da padroni, perché accanto al vero affare giace sempre qualche imbroglio, ma questo è il bello dei mercati.

REGOLE DA SALVAGUARDARE

Quella aretina, si definisce una fiera dedicata alla vendita esclusiva di oggetti d’antiquariato, modernariato ed articoli vintage.

Allora, sono andata a sbirciare nel regolamento al quale devono attenersi gli espositori, per capire meglio le varie definizioni e verificare la qualità degli articoli in vendita.

Oggetti d’antiquariato: articoli e mobili realizzati da almeno 50 anni.

– Modernariato: oggetti ed arredi che non sono più in produzione da almeno 25 anni.

– Prodotti vintage: capi d’abbigliamento, mobili, oggetti ed accessori creati almeno 20 anni prima del momento attuale. Esclusi prodotti seriali dell’abbigliamento e stoffa dell’ultima generazione.

 

Un ottimo punto di partenza, per salvaguardare la qualità dei pezzi esposti e la buonafede degli acquirenti.

Perdersi per i vicoli senza automobili, attardarsi a spulciare un banco di vecchie riviste o arredi da giardino in ferro battuto, tanto belli quanto costosi. Viaggiare a ritroso nel tempo e lasciarsi affascinare da echi lontani, mercanteggiare su un prezzo ed avere l’illusione di averla spuntata.

A prescindere dagli oggetti acquistati, a fine giornata la sensazione sarà quella di aver vissuto una parentesi di romanticismo ed allegria che ci stamperà un sorriso sul viso, almeno fino alla sveglia del lunedì mattina.

DULCIS IN FUNDO

Prima di concludere, come potrei trascurare un ambito imprescindibile della tradizione toscana, che fra l’altro mi è molto a cuore. L’arte gastronomica aretina, che invoglia a sedersi ad ogni ristorante ed acquistare  compulsivamente in tutti i negozi di prodotti tipici.

Noi ci siamo fatti conquistare dagli affettati toscani e la trippa fiorentina de La buca di San Francesco. Purtroppo, avevamo a disposizione un solo pasto, errore da non ripetere, Arezzo, è un luogo a cui dedicare tempo e tranquillità.

AND SO, SHE DECIDED TO START LIVING WITH A SURFER… Il tuo uomo passa ore a studiare le previsioni meteo? Andate al mare solo quando c’è vento, é nuvoloso e fa anche un pò freddino? Week-end in città d’arte, shopping a New York o agriturismo in Umbria sono banditi dal vostro calendario vacanze? La tua idea di spiaggia equivale a lunghe ore da sola, osservando la tua dolce metà che appare e scompare tra un’onda e l’altra? Se a queste quattro domande hai annuito sospirando, non posso aggiungere altro se non: benvenuta nel club, sei anche tu una DesperateSurfersWife!