ASPETTANDO DOMANI
In un sul-de-sac storico e sociale nel quale anche lo spostamento tra comune e comune risulta un’impresa titanica, parlare di viaggi potrebbe risuonare anacronistico e quasi inopportuno.
Siamo congelati tra le nostre quattro mura, titubanti a varcare la soglia di casa, a confrontarci con il mondo, fossilizzati in un momento in cui nuova avventura equivale ad un’ipotesi quanto mai remota. Le porte del mondo si sono chiuse con un grande tonfo, e la globalizzazione alla quale eravamo pigramente ancorati non è più scontata.
Pur rimanendo un’affezionata sostenitrice del qui ed ora, mi rendo conto che mai come adesso leggere un articolo di viaggi equivale a guardare indietro, verso un ricordo felice, oppure a programmare quel che verrà, una volta che i confini saranno di nuovo aperti e fruibili.
ALLA SCOPERTA DI PATÙ
Segregati in una realtà inaspettata che ci spaventa, socchiudiamo gli occhi e schiocchiamo il palato quasi a rincorrere sapori sopraffini, profumi lontani e memorie dal mondo.
E mi ritrovo a sorridere, tornando alla deliziosa sazietà provata in un’osteria pugliese, al profumo di finocchietto che solleticava i nostri sensi, alla vastità di panorami che invadevano ogni pensiero.
Ed eccomi qui, a rimpiangere la nostra toccata e fuga salentina.
Patù è un paesino di 1700 anime, dalle origini remote: sorge sulle rovine dell’antica Vereto, i cui primi insediamenti risalgono nientemeno che all’Età del Ferro.
Questa cittadina a dieci chilometri da Santa Maria di Leuca si anima nei mesi estivi, quando ondate di turisti italiani e non, popolano la Puglia intera, ed in particolare la provincia di Lecce ed il suo fascino poderoso.
UN SOGGIORNO IN SLOW MOTION
Il nostro soggiorno a Patù è stato ad ottobre, durante un’insolita perturbazione dai rovesci abbondanti e le smaglianti schiarite: lunghe dormite, colorate colazioni, passeggiate decisamente slow, inusitate cenette.
La sensazione che abbiamo avuto è che anche in altissima stagione, quando le coste sono impraticabili, soggiornare nei paesini dell’immediato entroterra possa assicurare una relativa calma. Anche se non posso giurarvelo!
Quanto abbiamo visitato del potenziale turistico della zona? Veramente poco, e non mi vergogno a dirlo. Ci sono vacanze on the road all’insegna del dinamismo, ci sono altresì dolci parentesi di silenzioso relax, dove il tempo è un optional.
A volte, in viaggio ti scontri con sguiscianti letti d’albergo che invogliano alle sveglie anticipate, altre volte canditi giacigli ti catturano, risultando altamente narcolettici.
In questo caso, la nostra camera era esattamente come avremmo voluto, e devo ammettere che questo particolare non ha alimentato un atteggiamento da viaggiatore compulsivo.
UNA MASSERIA DA INSERIRE IN WISH-LIST
L’ospitalità di Roberta e Linda è stata discreta e solerte, ci hanno raccontato la loro storia, la vicenda di una famiglia che dal Friuli decide di trasferirsi in Puglia ed investire tutto in un sogno. Le fantasticherie prendono forma e nasce la Masseria Palane.
Ci piace ricevere i nostri clienti, come vorremmo essere accolti noi.
Probabilmente questo è stato l’incipit di tanti neofiti dell’ospitalità, che poi si sono ritrovati a fare i conti con la realtà, abbassando ben presto le aspettative. In questo caso felice, l’asticella non si è adattata alle necessità pratiche: Roberta, Linda & Family accolgono veramente come se a varcare la soglia della Masseria siano solo i loro più cari amici. Un applauso alla loro perseveranza e purezza.
TEMPO AVVERSO, NON TI TEMO!
Un rammarico c’è, quello di non aver trovato bel tempo, come ad ottobre ci si aspetterebbe da una zona baciata dal migliore clima mediterraneo. Della serie, siamo tutti buoni ad andare in Salento d’estate, ma fuori stagione, cosa c’è da fare a Patù e dintorni?
Per dirne una? Meravigliosi percorsi a piedi o in bicicletta, che spaziano da antiche cinte murarie e tesori di archeologia, proseguendo verso campi di erbe aromatiche, e più giù fino al mare. Un percorso cromatico che si dipana tra il verde antico degli alberi, il cobalto del cielo, l’ecrù dei muretti a secco.
In questa disordinata armonia, anche gli antichi casali fatiscenti, i cancelli arrugginiti, trovano una collocazione perfetta: al viaggiatore non rimane che guardarsi intorno e respirare tutta la Puglia che può.
E se Giove Pluvio dovesse risultare particolarmente risentito? Nel raro accanimento climatico in cui la pioggia a catinelle dovesse persistere, l’alternativa è quella di rinchiudersi in un’azienda vinicola e deliziarsi con un bel tour di degustazione.
Se poi diluvia e siete anche astemi, aiutatevi che Dio vi aiuta!
MARE, ARTE, ARTIGIANATO…
Scherzi a parte, Patù può essere un ottimo punto di partenza dal quale pianificare ogni giorno un’escursione alla scoperta del Salento: dalle coste che non hanno bisogno di presentazione, allo straripante Barocco leccese, alle piccole botteghe artigiane, dove si lavora ancora il ferro battuto o la carta pesta.
E qui, casca l’asino. Non vi sembra che abbia trascurato un aspetto? Provate ad indovinare. No, ok, faccio io: la cucina pugliese.
Fermo restando che, in bassa stagione girare per paesi salentini e trovare un posto aperto per pranzare, potrà risultare più complicato del previsto. Il consiglio che vi do spassionatamente è quello di fare un’abbondante colazione a base degli adorabili pasticciotti, e poi tenervi leggeri fino a cena.
DULCIS IN FUNDO
Avrei dovuto usare quest’accortezza prima di cenare a la Rua de li Travaj, una trattoria nel cuore di Patù che posso definire a pieno titolo un’ esperienza da non perdere.
Ordinate sicuramente gli antipasti, e che la degustazione abbia inizio. L’immancabile fave e cicoria, il tripudio di melanzane, le pittule e poi olive, formaggi, salsiccette in umido e trionfi di verdurine miste.
Non fatevi ingannare dall’ipotetica prevedibilità dei piatti, qui stiamo parlando di sapori genuini e composizioni casarecce, di una vera festa per il palato e per gli occhi. Noi poi siamo stati particolarmente fortunati, il proprietario, Gino, ci ha allietati con i suoi racconti e la risata godereccia.
Quando poi Emanuele ha rifiutato a malincuore, per ovvi motivi di sazietà, il brasato cucinato dalla signora Fiorina, suocera del nostro anfitrione, io non ho saputo dir di no.
E che potevo rinunciare ad un autentico Brasato al Negramaro, cucinato dalle sapienti mani langarole della Sora Fiorina?
Quando le Langhe ed il Salento si uniscono, preparatevi a fuochi d’artificio di sapore. Avrei voluto assaggiare tutto, ma le gioie vanno centellinate ed il girovita salvaguardato. Però, un dolcetto da dividere ce lo siamo preso: spumone di mandorle e fichi.
E per finire, un digestivo al finocchietto per brindare alle gioie veraci della vita.
Arrivederci a presto, amici salentini, torneremo, senza ombra di dubbio.
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nancy
Bellissimo questo articolo, ci fai sempre sognare con viaggi meravigliosi 🙂
Viviana Biffani
Speriamo di ricominciare a viaggiare presto 🙁