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Desperate Surfer's Wife

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UN PANETTIERE D’ECCEZIONE

Sto pensando da qualche minuto a cosa scrivere, vi assicuro che è una sensazione nuova, perché di solito sulla tastiera sono un fulmine logorroico.

Lascio la parola al nostro cuoco di oggi, Gigi Soldano, che è un onore ospitare e a mia sorella, che lo conosce molto meglio di me e saprà introdurlo come merita.

Ringrazio Gigi per la sua ricetta piena di calore e per le immagini, che raccontano la bellezza nascosta dietro ai sapori più semplici.

UN’AMICIZIA NATA SULLE PISTE DEL MOTOMONDIALE

Ci sono degli incontri nella vita che cambiano le esistenze.

Vidi Gigi per la prima volta alla fine degli anni ’80, un breve incontro sulle scalette di un motorhome che stravolse la mia crescita stilistica e professionale. Nacque quella che mi onoro di definire un’amicizia.

Devo moltissimo ai suoi insegnamenti fotografici, la sua visione è sempre stata altra da tutti, un taglio poetico personale e unico nell’ambiente dei motori.

Lo ringrazio anche per la sopportazione dei momenti meno divertenti che con lui diventavano esilaranti, i cobra in pista, i diluvi ad Assen, le spaventose invasioni di pista e le nostre fughe per la salvezza.

 

 

Gigi colleziona giocattoli di latta ed auto a pedali degli anni ’50 impasta il pane e crea immagini che scatenano l’immaginazione.

Non mi sorprende ami fare proprio il pane, alimento base ma elaborato che richiede scelta accurata degli ingredienti, lavoro manuale, filosofia, cottura lenta. Pochi sanno fare bene il bianco, essenziale pane, preferendo un sugo pasticciato.

C’è quindi una possibile chiave di lettura in questa ricetta.

Gigi ci svela passo dopo passo come procedere: è necessaria l’attivazione di tutti i sensi, dal tatto all’odorato, quando si intraprende un percorso creativo. Non importa sia semplice pane.

Un processo complesso che non posso far a meno di associare al suo puro e delizioso concetto di immagine. Perché anche una foto può profumare.

Vanda

SENTIRE IL PANE

Un pane vale l’altro….e non è vero.

Per panificare in modo corretto la scelta della farina per il nostro pane è fondamentale.

Scegliamone una di grano duro magari incrociato a cereali di vario tipo…Cerchiamo di arricchirlo con fibre ed antiossidanti rispetto al normale frumento. Sarà più assimilabile e risulterà molto più digeribile.

Avete mai provato una farina come la Tritordeum per esempio?

E la farina d’Orzo?

E la Manitoba?

Ecco alcuni  segreti che possono fare la differenza…..

 

LA MAGIA DELLA LIEVITAZIONE

Ma quello che più importa sarà sempre la fase di lievitazione del nostro pane.

Occorre un gesto d’amore verso quello che vogliamo realizzare.

Guardando un pane che lievita ci vuole rispetto e devozione.

A pensarci bene, il pane ti fa sentire libero.

Momenti che ti lasciano senza vincoli e che moltiplicano il tempo proiettandoti in spazi infiniti per pensare e riflettere.

Esattamente come LUI che cambia volume moltiplicando lentamente l’aspetto.

Ecco la lentezza, il rallentare frenesie e frette ingiuste.

Trattengo il respiro in quei momenti lunghissimi e mi abbandono in una apnea per capire e sentire me stesso.

Il pane devi sentirlo!

Non vi parlerò del lievito, del lievito madre, di quello naturale liofilizzato, del “Li.Co.li” e dei dadetti del supermercato. Ci vorrebbe troppo tempo e subentrerebbero troppe teorie e leggende di cucina.

Oggi vi racconterò il mio pane, quello che mi piace preparare rubando tempo al mio tempo ma che riesce ogni volta a rendermi orgoglioso e soddisfatto.

Un pane da “pensare” il giorno prima, perché sarà la notte dopo a fare la differenza.

400 GR FARINA TIPO 0 O 1
4 GR LIEVITO
1 CUCCHIAINO ZUCCHERO
2 CUCCHIAINI SALE

Per la farina, si può aggiungere un 10% di farina TRITORDEUM, oppure Manitoba o Orzo.

Dopo aver mescolato il tutto versatelo lentamente e per gradi in 300 grammi* d’acqua e impastate per alcuni minuti in una ciotola. *Grammi e non centilitri.

Otterrete un prodotto piuttosto scomposto e appiccicoso. Non spaventatevi.

Usate farina tra le mani e continuate a impastare per altri minuti senza fretta.

 

 

A questo punto fate riposare il vostro impasto per circa 15 minuti coprendolo con una pellicola, per poi ritornare a impastarlo con cura per altri minuti.

Non abbiate fretta.

Abbiamo avviato una lievitazione ad alto indice di idratazione.

La percentuale d’acqua che abbiamo dato all’impasto ci regalerà un pane leggero, ben alveolato, con le cosiddette bolle nella mollica.

 

Trascorsi altri 10 minuti di riposo, sempre coprendolo con pellicola, il nostro impasto è pronto per essere trasferito in un contenitore ermetico ben infarinato.

Facciamolo con cura e attenzione.

Nel frattempo sarà nel pieno della lievitazione e quindi attenti a non schiacciarlo e deformarlo.

IL GIUSTO RIPOSO

Ora lo poniamo nel frigorifero e lo lasciamo riposare per almeno 10/12 ore.                 

In effetti non ci sarebbero limiti di tempo. In genere una lunga notte è l’ideale.

Trascorso questo tempo una volta fuori dal frigorifero, riformiamo con cura l’impasto aiutandoci con una spatola senza maltrattarlo e lo adagiamo e avvolgiamo in un canovaccio di cucina ben infarinato, mettendo il tutto in una teglia.

Aspettiamo altri 90 minuti circa e passiamo definitivamente il nostro prodotto in un tegame da forno con coperchio.

Avremo nel frattempo acceso il forno portandolo in temperatura a 230°.

Liberi nel decidere tipo e forma di tegame. L’importante è che abbia un coperchio e che sia adatto ad essere infornato.

Spostiamo quindi l’impasto, adagiandolo direttamente dal canovaccio, nel tegame che dovrà essere molto caldo. Non dovremo scottarci in questa fase!!

Una volta nel forno lasciamo cuocere per 30 minuti circa per poi togliere il coperchio e continuare a cuocere per altri 15 minuti abbassando la temperatura a 210°.

La vostra sensibilità e l’aspetto estetico del pane vi faranno capire quando sarà  il momento di sfornarlo.

 

Lasciatelo raffreddare su di una griglia in modo che possa respirare anche nella parte sottostante per qualche momento.

E il gioco è fatto! Al vostro pane mancherà solo la parola.

Certe volte mi sembra di parlare con  il pane, cerco di capire  il suo modo di mutare, di essere vivo e c’è bisogno di delicatezza e sensibilità per capirne la trasformazione, mi affascina quel suo essere vivo.

Buon pane!