Era un caldo novembre canario del 2014, due viaggiatori indomiti stavano per lasciare un’isola che era ormai entrata nel loro cuore: Lanzarote.
Quali degni rappresentanti del genere umano, la cui caratteristica principale è quella di pensare di poter controllare tutto, erano altresì convinti di fare ritorno tra quelle dune vulcaniche nel giro di pochi mesi. Presi da tanto entusiasmo, lasciavano due bagagli a casa dei genitori della deliziosa amica Dacil, con la promessa di sollevarli quanto prima dall’incombenza. Qui ci starebbe benissimo un emoticon con sopracciglia sollevata, stile Sean Connery alias James Bond.
Vi risparmierò la facile parabola del tempo che fugge via, perché è pur vero che gli anni volano, ma è altrettanto appropriato pensare che, se ben interpretata, una vita può riservarci milioni di momenti meravigliosi da collezionare. Quindi, rimbocchiamoci le maniche e facciamo in modo che il tempo valga e si dilati nella sua unicità, quanto più possibile.
Sei anni dopo. Lanzarote, il ritorno.
Ed eccoci qui, a distanza di sei anni, approdare di nuovo a Lanzarote, con la sensazione di averla lasciata da un battito d’ali. Un paio di giorni di acclimatamento e poi pranzetto a suon di tapas e ricordi con Dacil. A fine pranzo, eravamo giunti all’amichevole resa dei conti, durante la quale noi sostenevamo di aver lasciato due colli e lei era convinta che ci fosse solo il cosiddetto CUBO surfistico, nel quale solitamente si conservano muta e vettovaglie surf di vario genere…
Una valigia in realtà c’era, ma il padre di Dacil era convinto che fosse di un’altra amica – che probabilmente negli anni era anche stata redarguita di sovente – ma la memoria si perdeva nel tempo, alla stregua di una leggenda. La nostra valigia era ormai assurta alla sfera del mitologico, nessuno sapeva più se era esistita veramente, o fosse solo frutto dell’imaginario collettivo.
Era il momento di svelare l’arcano: urgeva una spedizione nel garage Gonzalez Placeres.
Trasferimento in auto seguito da attimi di concitata trepidazione. A rassicurare gli animi, ecco apparire dalla rampa un cubo solertemente impacchettato, ed una valigia bordeaux. Il mio trolley c’era, esisteva, e mi aveva attesa fedelmente.
Convenevoli, ringraziamenti, abbracci sinceri e un pizzico di imbarazzo per aver importunato una rispettabile coppia di mezza età.
Nel giro di un’ora eravamo a casa. Armati di forbici: Pronti. Partenza. Via.
L’apertura della valigia
L’emozione è stata la stessa di quando, impazienti, scartiamo un grosso pacco sotto l’albero di Natale. Avevamo un vago ricordo di cosa serbassero quei bagagli, ma aprirli e scoprire cosa ci fosse esattamente è stato molto di più.
- 2 bottiglie di vino (aggiungerei ottime e stagionate…)
- 1 boccia di Rum
- Pubblicazioni di provenienza dubbia e mai lette, salvo Topolino
- Piatto Ikea, maschera e boccaglio, prese inutili
- Sale, pepe, saponi
- Abiti vari, tutti ancora riutilizzabili. Tranne gli shorts, per superamento limiti di età e di giro vita.
- Mini Moka
- Scottex e stuzzicadenti.
- Sassolini raccolti sul bagnasciuga…Oh, my GOSH!
A questo punto, lasciamo che le immagini parlino per noi.
P.s. i prodotti presenti in queste immagini non appaiono a fini promozionali, non rappresentano una qualsivoglia pubblicità occulta! In realtà non so neanche chi di noi abbia mai comprato uno shampoo Pantene o letto l’Espresso…