Risvegliarsi dai preconcetti
Ho sempre sorriso all’abitudine di congiungere le mani e ringraziare prima dei pasti. Non mi è mai capitato di viverlo personalmente, però nei film soprattutto statunitensi è ricorrente, ed ogni volta lo riconducevo ad un provincialismo religioso che non facevo mio.
Poi qualcosa è cambiato. Ho imparato la gratitudine, e sebbene non reciti ad alta voce una preghiera in segno di riverenza, prima di mangiare ringrazio silenziosamente la vita di avermi regalato un altro pasto caldo e saporito. Ringrazio l’amico che me lo ha cucinato, Emanuele di sedermi a fianco, condividendo quel momento con me.
Il senso di gratitudine è un’abitudine che se ti conquista, non ti abbandona più. Se permetti a te stesso di apprezzare quello che altrimenti daresti per scontato, ti ritroverai facilmente a ringraziare in continuazione. La riconoscenza è universale, senza bandiera o religione.
Sentirsi grati per qualcosa, automaticamente ti mette nella posizione di ricambiare, innescando una catena di benevolenza che è inaspettatamente semplice.
Ricambiare il favore
Amo il mare, con qualsiasi colore e temperatura. Camminare su spiagge silenziose e remote è la mia idea di felicità.
Fissare il movimento lento delle onde trasformarsi in eterea spuma, non appena si frangono sulla battigia.
Rimanere per ore ad osservare gli uccelli che volano all’orizzonte o che giocano con il bagnasciuga, in cerca di cibo.
Tutti quei momenti mi ricongiungono con qualcosa molto più grande di me, che mi abbraccia e consola.
E poi, condividere la gioia negli occhi di Emanuele, quando esce dall’acqua, dopo una lunga sessione di surf.
Il mare per noi è un tornare a casa, rigenerante e benevolo.
Ho ragionato sul fatto che tutta questa benevolenza che ci veniva dedicata, senza chiedere nulla in cambio, dovesse essere contraccambiata con un mio gesto gentile, un’azione che potesse manifestare la gratitudine che provavo nei confronti degli oceani e delle spiagge.
Una goccia nel mare
Non sono una persona importante, non ho abbastanza soldi da investire per aiuti concreti, però ho amore da condividere e buona volontà. Quindi ho iniziato a raccogliere plastica in generale, e giochi perduti in particolare.
Non ho fatto un granché, mi sono semplicemente aggiunta alla moltitudine di persone che, in giro per il mondo, ho visto munirsi di sacchetti e raccogliere rifiuti lungo gli arenili.
Senza alcuno sforzo, quasi miracolosamente, i miei occhi si sono aperti ad una nuova realtà, il punto di vista è cambiato e non raccogliere plastica è diventata l’eccezione.
Il dovere ed il piacere
Nell’impossibilità di trascinarmi sempre dietro sacchi pieni di rifiuti, distinguo questo nuovo hobby in due momenti.
Quando sono con Emanuele: raccolta sistematica di tutti i rifiuti plastici che incontriamo.
Quando sono da sola, mi concentro sui giochi.
Apri gli occhi
Negli anni ho raccolto centinaia – forse migliaia – di piccoli giochi perduti: aeroplanini nascosti tra la sabbia, bamboline incastrate in un ramo o semplicemente sotto gli occhi di tutti, ma incredibilmente invisibili.
Perché, quando racconto della mia passione agli altri, su quelle stesse spiagge così tristemente ricche di balocchi abbandonati, in molti stentano a crederci.
Semplicemente, i loro occhi non si sono ancora rivolti a questo mondo di colori: rifiuti che si trasformano in meravigliosa scoperta, oggetti abbandonati che rinascono grazie ad un pizzico di fantasia e creatività.
Un mondo incantato
La sensazione, ogni volta che recupero un giocattolo, è quella di stringere tra le mani un piccolo tesoro che racchiude memorie lontane ed energie positive. Ognuno di loro ha una favola da raccontarmi a bassa voce, che sia attraverso le ali sbiadite di una fatina o lo sguardo fiero di un soldatino senza una gamba.
E così, la mia valigia si riempie inesorabilmente di biglie colorate, macchinine senza ruote, lego scompagnati. Li porto a casa, li lavo, li conservo e cerco di dare loro nuova vita.
A volte un bambino si innamora di un peluche spelacchiato che ho recuperato chissà dove, e lo porta via con sé. Ci sono vasi nel nostro salotto stracolmi di palline variopinte che hanno navigato per oceani sconfinati, la mensola in soffitta è una nuova Lilliput popolata di personaggi storpi e scoloriti, ma con il sorriso stampato ed imperturbabile.
Un’ancora di salvezza
Questo è il mondo invisibile nel quale mi racchiudo quando là fuori è grigio e spaventoso, troppo grande per essere affrontato.
Questo è il mio rifugio immaginario, dove non ho paura.
Gli anni della mia maturità, la fragilità fisica, l’incertezza del futuro non possono spaventarmi, finché avrò una realtà tutta mia piena di luce, speranza ed un pizzico di pazzia.
Seguite i vostri sprazzi di follia, fate qualcosa di infantile che vi porti a ridere a squarciagola, coltivate il vostro mondo, quello segreto, che nessuno potrà mai togliervi.
Infine, non dimenticate: guardatevi intorno e raccogliete la plastica, ogni volta che potete.