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Desperate Surfer's Wife

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RITORNO ALLA LEGGIADRIA

Mi hanno regalato un libro ultimamente: Parigi a piedi. Dopo averlo letto, non posso fare a meno di definirlo, con tutto il cuore, grazioso.

Vi siete mai soffermati sul significato di questa parola? É importante, perché vorrei veramente che non fraintendeste, è un termine che va assolutamente rivalutato, in questa epoca di facile bruttezza e decadenza.

Ho cercato grazioso sul vocabolario: leggiadro, amabile e attraente.

Parigi a Piedi è proprio tutto questo, nella migliore accezione che possa venirvi in mente.  Lo tieni tra le mani e ti viene voglia di sfogliarlo, di studiarne le mappe, di annotare le chicche che dispensa e di tenerlo in borsa anche a Roma, just in case. Perché, oltre alla grafica sbarazzina, ha un’anima che richiama con estrema leggerezza luoghi di charme, riflettendo perfettamente la città che descrive.

Se questo libro fosse un animale, sarebbe  una farfalla colorata.

E allora, mi lancio a capofitto nei ricordi e penso a lei, a Parigi, e mi viene voglia di raccontarvi una storia.

UN’ADOLESCENTE FUORI  DALL’ORDINARIO

Nei miei anni  liceali, presi un aereo, e me ne andai nella Ville Lumière per le vacanze estive…

Sembra l’incipit di una grande avventura, di quelle che se le leggi,  ti coinvolgono talmente tanto da farti sorridere dal divertimento e piangere per il romanticismo.

Ecco, la mia prima ed ultima vacanza estiva solo travel dell’adolescenza, fu un disastro totale.

Vi prego di credere a tutto ciò che  leggerete, non mi sono presa alcuna licenza poetica, per il mio amor proprio sarebbe stato molto meglio.

Io mica ci volevo andare a Parigi, mica avevo tutta questa voglia di libertà!

Ero la classica mammona che stava bene a casa con il piatto pronto, bisognosa di coccole sul divano ed innamorata della propria cameretta. Mia madre, giustamente, cercava di tagliare il cordone, e di spingermi a parlare quelle lingue che studiavo a scuola ma che mi rifiutavo di esercitare  a casa, inusitato crogiolo di viaggiatori di tutti i tipi e paesi.

Il problema non erano le lingue straniere, il nocciolo della questione risiedeva piuttosto nella mia timidezza, alla quale si aggiungeva un amore indissolubile per  la mia famiglia e l’aria tra  l’hippie ed il gitano che respiravamo in quegli anni.

Casa nostra era la più divertente delle mete turistiche ed io amavo osservare, ed ascoltare.

Viaggiando mi sarei sicuramente persa qualcosa di irripetibile, perché la nostra cucina era un crocevia caotico di nazionalità, ceti sociali, drammi sentimentali e ridanciane spaghettate.

PARIGI, ARRIVO

Comunque, faccio buon viso a cattivo gioco, assolutamente consapevole che nella vita c’è di peggio. Preparo la valigia e parto.

Atterrata a Charles de Gaulle, mi aspettava un caro amico parigino – nonché ospite fisso di casa nostra, appunto. Claude.

Prima di raggiungere il mio anfitrione ed ancora di salvezza,  dovevo ritirare il bagaglio.

Seguo le istruzioni dei monitor, e mi dirigo diligentemente al nastro. Vedo sfilare i bagagli, ed osservo i passeggeri che pian piano ritirano i loro effetti personali. Passano i minuti, passa una mezz’ora.

Rimaniamo lei ed io:  una valigia orfana sul nastro, ed io in piedi, con la mascella calata.

Amici, teniamo sempre a mente che i cellulari all’epoca non esistevano.

Mi faccio coraggio, e vado a  denunciare lo smarrimento del bagaglio, da sola, in francese.

Claude mi aspettava al di  là della dogana, e non sapeva che fine avessi fatto.

Al Lost  & Found sono molto gentili, mi fanno compilare un modulo e si rendono conto che la descrizione del bagaglio smarrito è esattamente la fotocopia della valigia abbandonata, che continua a girare sul rullo. Imbarazzati, mi chiedono conferma che quella non sia mon bagage.

Mais non, mais non, affermo con veemenza. I solerti impiegati leggono tra le righe e si prendono la briga di aprire il bagaglio, io do una sbirciatina dentro e ops…si, in effetti  quelli sono i miei vestiti.

Merci beaucoup. Excusez-moi. Au revoir!

PARIGI, NON TI TEMO

Non ricordo se Claude abbia mai saputo le ragioni del ritardo, credo di aver svagheggiato allora, e rimosso successivamente.

Il mio caro angelo mi accompagna a casa del padre, che in quel  periodo non c’è, quindi avrò a mia completa disposizione un intero appartamento parigino!

Durante il giorno sarei stata per conto mio e la sera Claude, che lavorava a tempo pieno, mi avrebbe fatto da Cicerone.

E qui, nelle giornate di libertà, comincia la vera avventura…

LA TORRE EIFFEL

Armata di mappa e buona lena, una mattina prendo la metro e mi dirigo verso la famigerata Tour Eiffel. Riemergo dai sotterranei della metro, con la netta sensazione  che la Torre sia proprio a pochi passi – non che ci volesse l’arguzia di Arsenio Lupin.

Mi incammino verso la meta.

Cammina cammina, passano un paio d’ore, e della Torre manco l’ombra, anzi, sembrava sempre più lontana.

Ve la faccio breve: avevo preso esattamente la direzione opposta.

Attraversai buona parte della città, arrivando a Place du Trocadero con esattamente sette ore di ritardo. Però, la metropoli parigina non aveva più segreti per  me!

IL MISTERO DELLA GIOCONDA  SVANITA

Quando,  appunto, credevo di essermi ambientata, più che altro con la distribuzione dei vari  arrondissements e le linee della metropolitana, decisi che era giunto il momento di andare a conoscere il Louvre.

Insomma, non mi arrendevo.

Visita culturale meravigliosa, opere d’arte da brividi, emozioni indescrivibili davanti a cotanta bellezza.

Si, ma la Gioconda dov’è?

Dopo quattro ore di visita, avevo l’impressione di aver perlustrato tutti i padiglioni, ma il capolavoro di Leonardo risultava ancora latitante. Vabbè, quel quadro è famoso per le sue proporzioni minute, mi sarà sfuggito. Altro giro, altra corsa. Da qualche parte sarà.

Altre tre ore di scarpinata, ma della Gioconda manco l’ombra. Al terzo bis, i custodi che ancora non avevano finito il turno, mi chiedono se c’è qualche problema. Se sto cercando qualcosa che non trovo…

Mais non, mais non. Le tour du Musée me gusta mucho, pas des problemes. Merci beaucoup.

Tornai a casa nel tardo pomeriggio, senza aver visto il quadro. Poi scoprii che avevano da poco inaugurato la piramide di vetro, e per l’occasione La Gioconda era stata spostata in quell’ala del Museo.

UNO, NESSUNO, CENTOMILA

La mia giovane-vecchia Viviana odiava chiedere informazioni, attaccare bottone, socializzare con gli sconosciuti. L’altra ME, ormai estinta, riderebbe di fronte alla signora che è diventata: la tipica turista che in viaggio è alla ricerca costante di uno sguardo incrociato, per iniziare a chiacchierare con il primo malcapitato che passa.

Dovevo rimanere a Parigi due mesi, o giù di li.

Dopo una settimana chiesi di poter tornare a casa, mi fu accordato. In fondo, Vivianella la maldestra mancava tanto alle quattro mura domestiche.

RICORDI D’ESTATE

Fu un’estate meravigliosa: cene chiassose, infinite giornate al mare, lunghi silenzi da parte mia, quando mia madre mi pregava di pronunciare qualcosa in inglese o francese…o magari anche tedesco. Del resto conosceva  fin troppo bene quella Viviana che non c’è più.

Ora riderebbe a quattro ganasce, nel constatare che molti suo atteggiamenti estremamente gioviali, per i quali la prendevamo un pò in giro, li ho fatti miei ?

Negli anni, sono tornata tante volte a Parigi, e spesso in vesti diverse: teenager, professionista, sorella, adulta, innamorata.

Ogni volta è stata un’esperienza diversa, perché la vita ci plasma, e noi ci adattiamo ad essa. A volte l’adattamento è naturale e felice, altre è più traumatico ma…c’est la vie?

POST SCRIPTUM

1 – Sono consapevole del fatto che,  una volta letto questo articolo, cambierete travel blogger di riferimento. Sono pronta a correre i  miei rischi, d’altronde, amo l’avventura.

In ogni caso, laddove non arrivino le mie perle di saggezza, per fortuna ci sono professionisti molto più preparati di me, che scrivono libri!

2 – Avete mai pensato a quanto sia molto più cool girare  la città con il naso infilato in un libro, piuttosto che lobotomizzati davanti al black mirror del nostro smart phone?

3 – Gran parte delle foto che vedete pubblicate, risalgono all’epoca del mio viaggio della speranza liceale, scattate rigorosamente con macchina analogica e manuale.

Altre sono ricordi collezionati negli anni, durante le mie fughe parigine.

4 – Le immagini di famiglia intorno ad una tavola disordinata, sono tra i ricordi più belli della  mia vita. Condivido con voi questo pizzico di intimità, un pò sbiadito, ma meraviglioso.