Breve itinerario delle puntate precedenti: Roma-Francoforte-Vancouver. Totale 25 ore di viaggio.
Prossimo stop: California.
Ci avevate lasciati in Canada, allegramente occupati a fare shopping, giocare a carte ed emettere biglietti aerei a destra e manca. Devo ammettere che lo svolgersi del volo Vancouver-San Josè ha, per quanto mi riguarda, delle lacune importanti. Forse sarà stata l’emozione di viaggiare seduta accanto ad Emanuele, alla pari di qualsiasi altra coppia e non alla stregua comico-catastrofica di George e Gwen in Due Provinciali a New York.
Mettetela un pò come vi pare, fatto sta che devo esser svenuta tra la consegna della mitica salviettina aromatizzata al limone ed il biscottino al caffè, che a me manco me piace il caffè… Ho qualche ricordo vago di decollo ed atterraggio ed una spalla familiare sulla quale accasciarmi. Insomma, nessuna inaspettata emozione sul volo che ci stava trasbordando in California.
Una volta arrivati a San Josè, forte di una corroborante dormita di 1 ora e 45 minuti, mi sentivo nuovamente un leone. Del resto, mancavano soltanto 4.856,87 km più un volo interno e un’ora e mezza di taxi alla meta. Spiccioli.
Dimenticavo un particolare importante! A San Josè siamo atterrati giovedì sera intorno a mezzanotte. Magia del fuso orario, del resto da Fiumicino eravamo partiti alle sette della stessa mattina, mi direte voi: e allora, di che ti lamenti?!? Non sto qui a fare le pulci ai tre fusi orari che il mio cellulare ha dovuto subire durante il giovedì più lungo della nostra vita di coppia, vi basterà sapere che eravamo in giro ormai da trenta ore.
E la domanda sorgeva spontanea: tutta sta fatica, e siamo ancora a giovedì?!? Niente paura, era quasi mezzanotte, sta giornata aveva da finì…prima o poi.
Nonostante tutto, ci sentivamo ancora pronti a vivere nuovi disagi, altrimenti, che avrei scritto io sul blog?
Le comodità annoiano… Quindi, avevamo deciso che le nostre finanze avevano già risentito abbastanza della serie interminabile di imprevisti e che una camera d’albergo per 5 ore a 130 $ risultava decisamente fuori budget. Che fare? Mais voilà: si rimane comodamente in aeroporto fino all’aba, tanto il volo California – Dallas partirà intorno alle sei del mattino, che sarà mai?!
Una volta comprati 3 chicken rolls da Seven Eleven e recuperata una birra per Emanuele – rigorosamente da bersi nell’anonimato totale, altrimenti in USA rischi l’arresto – ritemprati da questa lauta cena, freschi e fragranti come appunto 3 chicken rolls comprati da Seven Eleven in chiusura, non ci rimaneva che trovare un caldo giaciglio per la notte.
I cartoni queen size erano fully booked e i divanetti prenotati fino a giugno 2035. Rimanevano delle poltroncine niente male. Bisognava condividere lo spazio con acari e mucillagini varie, ma per il resto… SCIALLA!
Visto che l’ora di sonno che mi ero goduta sull’ultimo volo, mi aveva ridato energia da vendere, lasciavo Emanuele accomodarsi tra poltroncina, tavolinetto full optional e trolley, per abbandonarsi ad un lussuosissimo riposo. Tanto io avevo da lavorare e, soprattutto, da fare la guardia ai bagagli, che ora erano tornati in nostro possesso.
Nota positiva: nonostante i trasbordi, bagagli smarriti = 0
La vedete la foto? Proprio alle spalle di Emanuele, dietro la parete rossa, c’era uno dei tanti invidiati divanetti singoli, sui quali si era comodamente addormentato un signore sicuramente sovrappeso, probabilmente affetto da sinusite acuta, deviazione del setto nasale, tonsillite e bronchite cronica.
Risultato? Vi dico solo che il suo sonno profondo, era talmente profondo che quando, non sopportando più quel ruggito notturno, ho dato fuori di testa e cominciato a spostare di peso tutti i tavolinetti che vedete sulla destra, lui non si é neanche girato su un fianco.
In compenso, Emanuele e tutto il resto dei desperados aeroportuali erano ora sveglissimi ed io potevo andarmi a fare una bella passeggiata. Che st’atmosfera notturna alla Walking Dead mi stava pure mettendo un pochino a disagio.