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Desperate Surfer's Wife

  >  Storie DSW   >  Esplora   >  Un Sabato a Villa Getty

Quando si parla di Malibu, California, per lo più si presuppone uno scenario oceanico, con ville sulla spiaggia, piscine monumentali e bikini.

Beh, Villa Getty non è che si allontani molto dall’immaginario popolare: la diafana brezza marina solletica i capelli ed il cielo è costantemente pennellato di blu, a far da cornice ad un palazzo lussuoso e mastodontico. Però, lo stile non è californiano, piuttosto antico romano. Gioie e dolori dell’America.

Partire da Ostia Antica, Roma, attraversare Atlantico ed America per arrivare ad Hollywood, ritrovandosi a guardare teche straripanti di sesterzi, gioielli etruschi, statue elleniche e mummie egiziane, ha del paradossale. Per chiudere il quadro, la sede di cotale museo è la ricostruzione fedele della cosiddetta Villa dei Papiri: una magione lussuosa costruita ad Ercolano, e sepolta durante la tristemente famosa eruzione del Vesuvio, nel 79 A.D.

Facciamo un passo indietro. Era un soleggiato sabato mattina, ad Hollywood Hills, quattro teste calde decidevano come impiegare la giornata.

Nel dubbio, una voce si elevava dal coro: Paola cinguettava una meta.

DESTINAZIONE MALIBU : VILLA GETTY

Primi pensieri del resto della comitiva – mai espressi a voce alta.

Viviana: evvai, andiamo al mare dagli amici ricchi!

Emanuele: Malibu, finalmente si surfa!

Guy: forse sono ancora in tempo per farmi scoppiare un attacco di rinite, e rimanere a casa.

Ollie the Dog: ecco, ora escono e mi lasciano a casa da solo. Innescare immediatamente attacco di pianto, per costringere amici bipedi a portarmi con loro, ovunque e comunque.

In effetti, Guy, oltre naturalmente a Paola, era l’unico a sapere cosa fosse, Villa Getty. In due anni di Los Angeles, fino a quel momento era riuscito ad evitare questa visita socio-culturale, ma il momento della verità arriva sempre, non si poteva rimandare oltre. Del resto, sembravano tutti così entusiasti, anche se qualcosa gli sfuggiva: perché Emanuele preparasse lo zaino con muta e paraffina, e Viviana chiedesse in prestito un telo da mare. Chiarito l’equivoco, Emanuele ed io riponevamo mestamente gli accessori da spiaggia ed onda, acquisendo comunque nuovo entusiasmo. Ogni italiano che si rispetti, soprattutto se di Roma, all’idea di visitare un museo all’estero, assume immediatamente un atteggiamento di sfida.

Della serie: sono nato nella culla della civiltà, nel Paese che al mondo ha più opere d’arte, vediamo proprio questi neofiti cosa sono riusciti ad inventarsi. Il più delle volte, ne usciamo con l’orgoglio bruciato, dovendo ammettere quanta veemenza mettano gli stranieri, soprattutto gli americani, ad enfatizzare qualsiasi oggetto abbia più di cento anni e con quali, straordinari risultati di pubblico ed organizzazione.

Mentre Ollie ci osservava implorante e sconfitto dalla vetrata di casa, Guy si metteva volenterosamente alla guida, iniziando comunque a tirare su col naso, ed accusando un mal di testa incombente. Meglio avvantaggiarsi, nel caso che questo desiderio sfrenato di musei dovesse dilungarsi fino alla domenica.

PRIMA TAPPA OBBLIGATA, MAC DONALD’S

Durante le nostre visite a Los Angeles, abbiamo riscontrato due desideri ricorrenti in Paola: mangiare junk food e visitare luoghi turistici. Forse perché sa di trovare in noi due instancabili ed insaziabili complici: siamo in vacanza, after all.

Dopo aver rifocillato le nostre velleità culturali a suon di patatine fritte e MacBurger, proseguivamo per Malibu.

ALLA SCOPERTA DEL MUSEO

Villa Getty è un complesso monumentale che si erge a poca distanza dal lungo mare, circondato da un giardino rigoglioso. La prima impressione è quella di un museo moderno: cemento, parcheggi multipiano, custodi ultra efficienti.

L’ingresso è gratuito, si paga solo per lasciare l’automobile. È una caratteristica, questa, che ho notato ed apprezzato in altri poli culturali americani: paghi il parcheggio, a prescindere dal numero di persone che l’auto ospita, e che entreranno a visitare l’esposizione. Questo permette ad un padre di famiglia di infilare nell’utilitaria e poi nel museo, moglie, figli, nonna e suocera, senza intaccare troppo il budget. Ben fatto.

Una volta entrati nel cuore della Villa, è inevitabile rimanere incantati. La passione di J.Paul Getty di collezionare opere d’arte è ben conosciuta e si sviluppò dagli inizi degli anni ’30. Fu nel 1939, che iniziò a comprare oggetti d’arte greca e romana, per poi scatenarsi nell’acquisto compulsivo di diverse ville in Italia.

Da quel momento, diciamo che non si fermò più! Ad oggi, il museo custodisce circa 44.000 oggetti, che vanno dall’Età della Pietra alla caduta dell’Impero Romano, nel nobile intento di raccontare l’espansione dell’arte tra le antiche popolazioni mediterranee. Oltre alla mostra permanente, la struttura ospita esposizioni temporanee, che spaziano dalla fotografia all’arte moderna: un luogo facile da visitare, dall’ambientazione magica e dal profondo valore storico e culturale.

Chapeau a Mr Getty.

MERAVIGLIE DEL TEMPO

Trascorrere un pomeriggio ad ammirare le meravigliose corniole romane, gli amuleti egizi ed i vasi etruschi risulta un impegno molto facile.

Primo encomio speciale al video che ricostruisce i passaggi fondamentali della mummificazione, tipica dell’Antico Egitto. Però io non faccio testo: amo tutto ciò che possa riguardare piramidi, mummie, riti magici e propiziatori.

Secondo encomio al nostro anfitrione, Guy, che nonostante il sopraggiungere di una reale emicrania – del resto siamo nella patria del Metodo Stanislavskij – attendeva paziente su una panchina che noi finissimo la visita.

Terzo encomio, al magnifico cervo che osservandoci impietrito, ma neanche troppo stupito, ci augurava una bella serata mentre uscivamo dal parcheggio. Inusitata meraviglia.